Ricordo di Toni Egger

da Le Alpi Venete
Autunno-Natale 1959

Nato il 12 settembre 1926 a Bolzano, e trasferitosi a 13 anni a Debant presso Lienz, il giovane Toni Egger ebbe, si può dire, due patrie. Ma sia Bolzano che Debant avevano qualcosa in comune: le montagne. E così le montagne divennero la vera patria di Toni.
Già all’età di 15 anni egli cominciò a percorrere le Dolomiti di Lienz e scalò, solo, l’Alpenrautenkamin. Non possedendo pedule da roccia, dovette arrampicarsi con i soli calzetti ai piedi, tenendo le scarpe in mano. Dopo la guerra egli cominciò la sua carriera di rocciatore nelle Dolomiti della regione di Lienz. Andava quasi sempre solo giacché gli era difficile trovare un compagno adatto.
Nel 1950 venne per la prima volta nelle Dolomiti di Sesto. Non avendo Toni un passaporto, egli varcò la frontiera sui sentieri dei contrabbandieri. Nel suo diario turistico egli scriveva: “Arrivai per la prima volta nelle Dolomiti e fui incantato dalla bellezza di quelle maestose montagne. Ho uno struggente desiderio di ritornarvi per dedicarmi a escursioni più importanti”. Le Dolomiti di Sesto divennero infatti, insieme alle Dolomiti di Lienz, le montagne più amate.
Tre mesi dopo, con Rienzer Franz, egli scalava la parete N della Cima Grande di Lavaredo. Generalmente il suo compagno di cordata era Heinricher Heini. Tra la salita invernale N del Laserzkopf e la prima sulla parete N del Rotter Turm, vanno elencate molte belle salite tra le quali la parete N del Kellerturm nelle Alpi Carniche.
Nel luglio 1951 Toni si iscrive al corso di guida alpina nelle Alpi della Zllertal. Tra i 50 partecipanti al corso egli si piazza al 4° posto nel corso invernale e al 2° al corso estivo. “E’ stato un grande successo” egli scrive nel suo diario “giacché vi sono molti altri ottimi alpinisti, e devo onestamente riconoscere che non mi sono mai ritenuto il migliore”.
Ma questo era solo il principio della carriera alpinistica di Toni.

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Toni Egger

Poi deve tornare alle misurazioni. Sul Tracciato si trova una rovina di castello diroccato, alta 25 metri, e su di essa andrebbe messo un contrassegno per la misurazione. “Si può fare Toni?” chiede l’ingegnere. Toni allora si improvvisa scalatore di mura, riuscendo ad arrampicarsi sulla parete liscia alta 25 metri.
Nel 1952 ritorna nelle Dolomiti di Lienz. “Quante volte sono già stato nelle Dolomiti di Lienz, eppure qualcosa mi richiama sempre lì” si trova scritto nel suo diario di montagna. Le prime sullo Spigolo SO del Roter Turm, della parete del Wildsender, della parete N del Ellerturm e della parete O del Roter Turm danno la misura della sua attività. Con una costola rotta egli sale sulla parete N del Grossglockner. Scala lo Spigolo Giallo, la “Cassin” della Piccolissima di Lavaredo e la parete N della Grande. Con Franco Mantelli raggiunge il Cervino per la Cresta di Furggen. Mentre Toni è su alto in parete, Franco gli grida: “Toni, pianta chiodi!”. Questa frase vien ricordata ancor oggi dagli alpinisti della “Alpinin Gesellschaft Alpenraute” a Lienz, società della quale Toni divenne socio nel febbraio 1952. E spesso durante una difficile arrampicata, nei punti più esposti, si gridava: “Toni, pianta chiodi!”.
Alla fine dello stesso anno Toni sale ancora sulla cima O di Lavaredo con Mayr Gottfried e sulla Civetta, parete NE (via Solleder) con Franco Mantelli. Poi Toni va a lavorare in Svizzera.
Seguì un anno molto duro. Sembrava che tutto congiurasse contro di lui. “Le montagne, le mie care montagne, sembrava che non avessero più nessuna attrattiva per me”, scrive egli nel suo diario. Ma gli era e rimaneva uno scalatore; con tenacia, con asprezza egli si prende. Il successo più importante di questo periodo fu la parete N del Laserzwand nelle Dolomiti di Lienz. Questa prima egli la giudicò di difficoltà pari alla parete NE della Torre di Valgrande.
Nell’anno 1954 Tono consegue importanti successi. In una scalata pomeridiana fa la “Cassin” alla Piccolissima e al ritorno il camino Preuss, poi lo spigolo Mazzorana della Cima Piccola in quattro ore e mezzo, la seconda scalata della parete S del Laserz ed infine il capolavoro: la parete N della Cima Ovest e la parete Nord della Cima Grande in un solo giorno con 11 ore di scalata effettiva.

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Toni Egger

Tutte queste arrampicate Toni le fece con Mayr Gottfried. Ma anche da solo egli compì varie arrampicate: il Campanile Basso di Brenta, lo Spigolo Giallo della Cima Piccola in un’ora e un quarto e la Cima Grande per lo spigolo Mazzorana nella salita e lo spigolo Dibona nella discesa.
Confrontate con queste scalate, hanno meno risalto le altre indubbiamente belle imprese come la Torre Venezia per la parete S (via Tissi) e la Torre Valgrande (in 6 ore e mezzo) fatte con Frisch Hans. Una torre nel Seekofel nelle Dolomiti di Lienz, ebbe una nuova via per la parete Est. Questa Torre oggi porta il nome di Toni Egger.
Il resoconto delle imprese del 1955 è così vasto che non è  facile fare una scelta delle più importanti. Già il 30 gennaio egli comincia con la prima invernale della parete N del Toren Turm. Poi la sua attività si estende dalla parete N della Piccolissima (via Eisenstecken) fino ai monti della Bregaglia (Val Masino) dove scala la parete NO del Badile, da un salvataggio sulla parete N della Cima Grande fino alla conquista della parete occidentale del Gran Capucin nel gruppo del Monte Bianco.
C’è qualcos’altro in questa sua attività che a noi piace specialmente e che resta in ombra. Il 27 agosto egli va con un ragazzino, pieno di entusiasmo per la montagna, sulla Cima Grande per lo spigolo SO; siccome il giovane si dimostra un buon scalatore, Toni gli promette di condurlo sullo Spigolo Giallo il giorno successivo. La sera del 27 però la società “Alpenraute” festeggia il suo cinquantesimo anniversario. Così Toni torna in fretta a Lienz e riesce ad essere libero solo nelle prime ore del mattino. Ma fedele alla promessa egli va con Walli, così si chiama il giovane, sulla Cima Piccola per lo Spigolo Giallo. “In principio sentivo ancora lo strascico dei festeggiamenti notturni nelle ossa, ma dopo la seconda cordata tutto andò bene”.
Tali simpatici episodi emergono spesso dai semplici racconti delle sue imprese alpinistiche. Quanto Toni, in novembre, insieme al giovane svizzero Seth sale per la quinta volta la Sustall-Sudwand, quest’ultimo è ansioso di vedere come Toni avrebbe dominato le difficoltà nei punti più esposti. “… ora ho il punto chiave davanti a me. Seth aspettava di vedere con visibile ansietà, come me la sarei cavata. Quando già mi trovavo oltre il punto critico, chiesi a Seth: arriva presto quel cane bastardo? Egli mi rispose, l’hai appena superato, sei un vero campione Toni Egger”.
Quando una bella ascensione gli riusciva bene, Toni si dimostrava sempre lieto. Ma non se ne insuperbiva. Quando una volta dovette interrompere una bella ascensione per andare alla ricerca di conoscenti che si erano perduti nella nebbia, egli scrisse: “La mia soddisfazione fu quella di aver salvato vite umane”.

 

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La tomba di Toni Egger in Patagonia

Come introduzione alle salite del 1956 sta scritto: “Quest’anno alpinistico deve essere uno dei più ricchi di successo. Voglia il Signore proteggermi e accompagnarmi per tutte le vie difficili che percorrerò. Siamo creature del nostro Creatore e ammiratori delle meraviglie della Natura che Egli ha creato”.
Non più tardi del 6 gennaio egli scala, in compagnia di Peter Pfauder, una delle pareti più impervie delle Alpi Orientali, la Hochstadl-Nordwand delle Dolomiti di Lienz. Poco dopo la parete Sud del Roten Turm con Mayr Gottfried. Una caduta di 150 metri da una parete di ghiaccio nel gruppo dell’Ortles si risolve per fortuna senza gravi ferite. Nel gruppo del Monte Bianco va sull’Aiguille Noire per la Cresta Sud, poi sul Dente del Gigante per la parete S e O senza assicurazione. La parete S dell’Aiguille du Midi fu quasi una prima. Toni non sapeva che Gastone Rebuffat due giorni prima aveva scalato la stessa parete. La parete N della Cima Grande la scala da solo in 4 ore. Lo spigolo SO della Punta Ombretta nella Marmolada è scalato da lui insieme a Cesare Giudici per la prima volta. Nel gruppo delle Tre Cime di Lavaredo egli incontra Cesare Maestri, nessuno ancora può immaginare che quei due, in seguito, avrebbe insieme conquistato uno dei monti più impervi. L’anno termina con un viaggio in Turchia, organizzato dalla HG-Bergland, al quale partecipa anche Kollensperger. Molte belle cime nella regione del Kacker Dag vengono scalate.
Nel  1957 Toni Egger va nel Perù con la spedizione esplorativa del Club Alpino Austriaco. Dirige la spedizione il dottor Heinrich Klier. Per lungo tempo nessuna loro notizia arriva in Europa. Poi la radio e i giornali annunciano: il monte Jirishanka, il Cervino del sudamerica è stato conquistato il 12 luglio dalla cordata Egger-Jungmair. La conquista di questo monte, alto 6127 metri e che presenta notevoli difficoltà, fu un grande successo, successo che si ripete per il Monte Toro (6121 m), durante l’ascensione del quale Egger e Jungmail sfuggirono per caso ad una slavina di ghiaccio. Il Jerupa e il NEvado Santo nel gruppo Raura, insieme ad altre cime sui cinquemila, furono le vittorie maggiori.
Questo successo alpinistico provocò anche un successo professionale di Egger. A Toni venne data la direzione della Scuola d’alta montagna del Tirolo, con sede a Innsbruck. Egli si dedicò anima e corpo a questa nuova attività e anche qui, come da semplice guida alpina, egli si conquistò subito la simpatia di tutti. Il nuovo incarico gli lasciò naturalmente poco tempo disponibile per le sue ascensioni private. Ciononostante gli riuscì di compiere alcune “prime”, tra cui lo Spigolo SO del Patterial.
Alcune salite specialmente difficili, che da molti alpinisti sono vantate come “direttissime” , e tra queste annoveriamo la Rotwand (II ascensione) e la Cima Grande per la parete N (IV ascensione) dimostrano che su Toni si poteva contare.
Poi vennero i monti della Patagonia. Già anni or sono Toni ci raccontava di enormi cuspidi di granito ferrigno che nella lontana America del Sud si ergevano nel cielo, sempre battute da tempeste paurose. Per anni  una strana nostalgia lo aveva tormentato, e sarebbe bastata una scintilla per indurlo a scattare. Così si compì il suo destino.
Egli trovò in Cesare Maestri il compagno ideale di cordata e combatté la sua ultima vittoriosa battaglia. Morì realizzando il grande sogno della sua nostalgia. Il destino lo stroncò nell’ultima parte della discesa: da una valanga di ghiaccio fu trascinato nell’abisso.
Le parole scritte nel suo diario sono diventate realtà: “Ringrazio Dio che per tutta la vita mi ha concesso di essere un uomo che ha sempre sentito la nostalgia”.
La carriera di Toni è cominciata nelle Dolomiti di Lienz sul Toren Turm, e lì si erge l’Egger Turm. Nelle Ande della Patagonia, sul Cerro Torre la sua carriera si è conclusa,  e lì si erge il Cerro Egger.
Prima dell’ultima ascesa Toni ha scritto: “Il Torre è veramente un monte fantastico, una enorme torre di granito le cui pareti sembrano tagliate da una lama. La parte superiore è coperta di ghiaccio: è una torre con pareti a picco che sale dai ghiacciai a quota 1000, si eleva fino alla vetta di 3128 metri e sfreccia nel cielo della Patagonia”.
Dobbiamo prendere commiato dal nostro compagno di alpinismo Toni, ricordando le virtù di coraggio e modestia. In molti cuori è entrata una grande tristezza, giacché Toni era un uomo buono e generoso ed un ottimo camerata.

Traduzione Tina Calandra-Pedrotti per gentile concessione del Bollettino SAT

 

 

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Resti di Toni Egger ritrovati molti anni dopo la scalata del 1959

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